Come migliorare la propria educazione finanziaria
Nel corso della mia carriera manageriale e di formatore nell’area amministrazione finanza e controllo, ho avuto modo di constatare come alcune tematiche, pur rappresentando il cuore di una crescita equilibrata dell’azienda, non sono adeguatamente presidiate dai diretti interessati (imprenditori) e come molti professionisti a volte per pura apatia, oppure per la limitata conoscenza di altre opzioni, indirizzino le scelte imprenditoriali esclusivamente verso percorsi in qualche misura, già frequentati.
La sconoscenza da parte dei primi e la scarsa attitudine al nuovo da parte di taluni professionisti, non consente pertanto alle aziende di poter sfruttare appieno le potenzialità che, ad esempio, il mercato del capitale non bancario oggi offre loro.
Lo scopo principale del presente articolo è quindi quello di tentare di aprire un dibattito su come migliorare l’educazione finanziaria, offrendo ai professionisti e agli imprenditori che lo vorranno, l’opportunità di avere la possibilità di avere gli strumenti che consenta loro di aumentare la conoscenza del panorama finanziario e le alternative che oggi offre il mercato dei capitali non bancario.
L’autore non intende con ciò dimostrare che l’azienda si può affrancare completamente dal sistema del credito istituzionale, essendo talune operazioni appannaggio “ex lege” unicamente del sistema bancario o, in ogni caso, di soggetti sottoposti alla vigilanza della Banca d’Italia.
Il conto corrente, lo smobilizzo di crediti, i mutui nel senso tradizionale del termine, sono contratti la cui gestione è vietata ad altri operatori. Diverso è invece il caso che riguarda i finanziamenti a breve e medio lungo termine che godono di una maggiore autonomia.
D’altra parte i segnali che provengono dall’esterno sono chiari:
- Una presenza sempre maggiore di soggetti (persone fisiche e giuridiche) che dispongono di capitali di una sicura rilevanza: investitori professionali.
- L’avvento delle nuove tecnologie che, di fatto, ha consentito di superare il concetto di confine geografico, permettendo alle aziende, tramite la rete, di far conoscere a una massa smisurata di soggetti i propri progetti.
- Una maggiore disponibilità di privati non investitori professionali, non professionali disponibili a prestare o a investire in progetti, società, sia start up mature, anche geograficamente distanti dal loro luogo.
- Una legislazione che gradualmente ha favorito anche le società a responsabilità limitata nell’emissione di strumenti di debito.
- Il desiderio di attrarre in borsa anche le small cap, quotandole su listini con minori adempimenti (AIM) o quotandone gli strumenti di debito sul segmento EXTRA MOT PRO, riservato a mini bond emessi da società non quotate,
- Gli indirizzi comunitari che prevedono per i Gestori di Portali la possibilità di promuovere le operazioni di equity crowdfunding in tutta Europa.
- Le indicazioni intervenute da Banca d’Italia sulla corretta definizione di quali operazioni non si considerino raccolta di pubblico risparmio.
- Gli incoraggianti segnali che provengono dalle operazioni effettuate dagli operatori nel social lending crowdfunding e nell’equity crowdfunding.
Questi in sintesi, rappresentano segnali precisi di un mercato del denaro che nell’ultimo decennio ha registrato forti modificazioni e che inizia a vedere il trasferimento di massicce somme di denaro, da soggetti privati, verso le imprese private. (Peer to Business).
Sul fronte economico sociale e bancario la situazione si è involuta:
- La crescita del sistema paese che non riesce a consolidarsi ai livelli auspicati.
- Lo stato dell’economia che non incoraggia gli investimenti.
- Le concentrazioni bancarie hanno ridotto il numero degli operatori, con conseguenti restrizioni delle linee di credito.
- Ulteriori restrizioni del credito dettate da Basilea 1, 2 e 3.
- Gli scandali finanziari, e il collocamento di titoli c.d. “tossici” che hanno visto una riduzione nella fiducia delle famiglie nella capacità della banca di consigliare investimenti redditizi o quanto meno sicuri.
- Un tessuto italiano costituito prevalentemente da PMI.
- L’inversione della tendenza generata dal mercato immobiliare che ha comportato, oltre che alla crisi del mercato stesso, un minor apprezzamento da parte di un sistema bancario sempre meno disponibili a valorizzare gli asset immobiliari prestati in garanzia.
Questi sono tutti elementi (ancorchè non gli unici) destinati a sfavorire il nostro tessuto imprenditoriale che registra sempre maggiori difficoltà nell’acquisizione di linee di credito o in alcuni casi, al mantenimento delle stesse.
I dati Istat al 2016 fotografano un Sistema Paese che conta ancora una percentuale di imprese la cui ragione sociale è pari al 62,80% registrata come ditta individuale.
Chi sono gli attori da selezionare e valutare?
I Business Angel.
Una ricerca condotta, da IBAN (del quale l’autore fa parte) AIFI Venture Capital Monitor e Università LUIC sugli interventi e investimenti effettuati nella fase di “Early Stage1”. La ricerca dimostra, come in un fase embrionale, società prive di una qualsivoglia patrimonializzazione o garanzia e di un management capace ma per certi versi ancora privo di un’esperienza, trovino ascolto e attenzione presso interlocutori qualificati come i Business Angel e quanto la presenza di questi ultimi favorisca gli investimenti presso fondi di Venture Capital, disponibili a investire in progetti proprio in virtù di quella presenza dei Business Angel che testimoniano la concretezza del progetto.
L’early stage in Italia. Survey condotta da IBAN, AIFI VCM e LIUC.
In qualità di associato di I.B.A.N., sono stato autorizzato alla pubblicazione dei risultati della survey condotta dai seguenti soggetti privati e pubblici:
1) IBAN – Italian Business Angel Network, è un’Associazione senza scopo di lucro, ufficialmente riconosciuta e con personalità giuridica; fondata il 15 marzo 1999 a seguito del Progetto DG Impresa promosso dalla Commissione europea. L’Associazione coordina e sviluppa l’attività di investimento nel capitale di rischio di piccole imprese da parte di investitori informali (termine anglosassone Business Angels). All’interno del contesto nazionale si pone come punto di riferimento per gli investitori privati, per i network nazionali (BAN) e per i Club di Investitori, mentre a livello europeo fa riferimento alla Associazione BAE, Business Angels Europe. Per ulteriori informazioni: www.iban.it.
2) Venture Capital Monitor è l’Osservatorio Venture Capital Monitor è attivo presso la LIUC – Università Cattaneo nasce per migliorare la conoscenza del mercato attraverso la raccolta, la rielaborazione e l’analisi di una serie strutturata di informazioni di dettaglio relative alle operazioni realizzate in Italia. Ciò anche attraverso una forte interazione con AIFI e con gli operatori stessi di mercato. Il Comitato Scientifico di presieduto da Anna Gervasoni, vede la partecipazione di Sergio Campo dall’Orto, Arturo Capasso, Michele Costabile, Alessia Muzio, Francesco Perrini e Elita Schillaci. Per ulteriori informazioni: www.venturecapitalmonitor.it.
3) LIUC – Università Cattaneo Nasce nel 1991 per iniziativa dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese con l’obiettivo di offrire ai propri studenti un’esperienza di apprendimento che coniughi il rigore accademico con la rilevanza professionale. Un’impostazione che si può riscontrare sia nei corsi di laurea (Economia, Giurisprudenza e Ingegneria Gestionale) che nei master universitari e nei corsi di formazione rivolti alle imprese e al mondo delle professioni.
4) AIFI – Associazione Italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt, è stata istituita nel maggio 1986 ed è internazionalmente riconosciuta per la sua attività di rappresentanza istituzionale e di promozione dell’attività di private equity, venture capital e private debt in Italia. AIFI associa e rappresenta istituzioni finanziarie che, stabilmente e professionalmente, effettuano investimenti in imprese, con un attivo coinvolgimento nello sviluppo delle medesime, oltre a radunare un importante network di istituzioni, investitori istituzionali e professionisti che supportano tale attività. Per ulteriori informazioni: www.aifi.it.
Introduzione
La survey congiunta tra l’Associazione IBAN e il Venture Capital Monitor – VeM® giunge alla sua sesta edizione con l’obiettivo di continuare a delineare nel tempo uno scenario complessivo del mercato dell’early stage italiano, monitorando l’attività d’investimento dei comparti seed e start up capital.
La survey nasce, così, dall’unione delle singole indagini realizzate dall’Osservatorio Venture Capital Monitor – VeM® sull’attività d’investimento istituzionale e da IBAN con riferimento al mondo dell’investimento informale, entrambe poste in essere nel corso del 2017.
Il Venture Capital Monitor – VEM® è un Osservatorio nato nel 2008 presso LIUC – Università Cattaneo2, in collaborazione con AIFI con l’obiettivo di sviluppare un monitoraggio permanente sull’attività di early stage istituzionale svolta nel nostro Paese. IBAN, l’Associazione italiana dei Business Angels nata nel 1999, sviluppa e coordina l’attività d’investimento nel capitale di rischio in Italia e in Europa da parte degli investitori informali IBAN. Si occupa, inoltre, di incoraggiare lo scambio di esperienze tra i B.A.N., promuovere il riconoscimento dei Business Angels e dei loro club come soggetti di politica economica. Da oltre 10 anni, inoltre, cura l’indagine sulle operazioni degli Angel Investors, producendo rapporti periodici, working papers, articoli scientifici e white papers per i decision makers nazionali e internazionali.
Dall’unione delle due survey, in continuità con le precedenti edizioni, il rapporto 2017 si propone di migliorare la trasparenza del mercato dell’early stage italiano, individuando le analogie e le interazioni in essere tra gli investimenti informali in capitale di rischio e quelli istituzionali. Tale obiettivo è legato alla convinzione che, seppure i due fenomeni siano circoscritti ad ambiti di operatività differenti, le loro dinamiche debbano essere improntate a una maggiore interazione. Tenendo in considerazione l’attuale congiuntura economica, le sinergie che scaturirebbero dall’operatività congiunta delle due categorie di players potrebbero rappresentare un importante stimolo a sostegno della creazione di nuove realtà imprenditoriali.
Come sottolineato nelle precedenti edizioni, inoltre, un ulteriore beneficio potrebbe manifestarsi anche a livello aggregato di mercato. L’universo dell’early stage italiano ha registrato, infatti, una buona ripresa nell’ultimo triennio, ma i livelli di investimento risultano ancora lontani dagli standard di attività tipici dei principali competitor Europei (Regno Unito, Germania, Francia).
Di seguito, la survey sviluppa argomentazioni di tipo qualitativo e quantitativo. Per una migliore comprensione dei risultati è, tuttavia, consigliata la consultazione della metodologia utilizzata dal gruppo di lavoro per l’integrazione e l’uniformazione dei singoli database.
METODOLOGIA
L’obiettivo finale di voler dare una lettura integrata e completa del comparto dell’early stage in Italia ha reso necessaria la condivisione di alcuni criteri metodologici comuni affinché le informazioni contenute in due database distinti potessero essere tra di loro omogenee e confrontabili.
Da questa edizione del rapporto, al fine di una rappresentazione più organica e strutturata della filiera, coerentemente con quanto fatto con il VEM, sono stati presi in considerazione non solo investimenti initial, ma anche follow-on realizzati sia da investitori istituzionali di matrice privata sia da business angels classificabili come operazioni di early stage: seed capital e start up. Sono, altresì, stati considerati anche operatori pubblici che risultano aver utilizzato veicoli giuridici di tipo privatistico. Sulla base della macro definizione sopra esposta, sono pertanto stati esclusi dalla rilevazione tutti gli investimenti di qualsiasi natura e forma giuridica aventi per oggetto operazioni di later stage (expansion, buy out, replacement e turnaround).
I dati del database VeM® sono stati raccolti attraverso l’uso esclusivo d’informazioni reperibili presso fonti pubbliche. Con il temine “fonti pubbliche” si intende, in questa sede, il riferimento a tutte le modalità e gli strumenti attraverso cui vengono diffuse volontariamente informazioni sulle diverse attività di investimento. Tutti i dati così raccolti sono stati oggetto di verifica incrociata, effettuata attraverso:
- il confronto tra le stesse o altre fonti informative (come ad esempio i bilanci delle società target);
- formali richieste di verifica e di integrazione formulate agli investitori coinvolti mediante l’invio in forma schematica dei dati raccolti;
- richieste inoltrate direttamente alle società target.
I dati di IBAN, invece, sono stati raccolti prevalentemente grazie alla compilazione di un questionario on-line presente sul sito www.iban.it e somministrato sia ai propri soci, che agli angel investors3 esterni all’Associazione. La raccolta dei questionari è agevolata anche dall’azione di alcuni club degli investitori, che si fanno parte attiva nella raccolta, aggregazione e invio dei questionari compilati a IBAN. Inoltre, anche IBAN ha fatto, in taluni casi, ricorso all’utilizzo di fonti pubbliche di dati, arricchendo in tal modo la base di dati disponibili.
I due database così compilati costituiscono nel loro complesso il comparto dell’early stage e sono stati successivamente oggetto di fusione attraverso l’utilizzo dei seguenti criteri:
- aggregazione dei dati e delle informazioni disponibili con riferimento alla società target investita e non all’investitore;
- individuazione delle operazioni comuni ed integrazione di alcuni dati pubblici a disposizione del VeM® grazie a quanto raccolto direttamente dalla survey IBAN; tale fase ha consentito di evitare il cosiddetto double counting relativo alle operazioni presenti in entrambi i database
- aggregazione dei dati e delle informazioni disponibili con riferimento alla società target investita e non all’investitore; individuazione delle operazioni comuni ed integrazione di alcuni dati pubblici a disposizione del VeM® grazie a quanto raccolto direttamente dalla survey IBAN; tale fase ha consentito di evitare il cosiddetto double counting relativo alle operazioni presenti in entrambi i database;
MERCATO DELL’EARLY STAGE FINANCING IN ITALIA
Nel corso del 2017, la ricerca ha complessivamente monitorato un dato aggregato di 151 target investite. In particolare, il segmento relativo alle operazioni condotte esclusivamente da venture capitalists registra 34 società partecipate, quello relativo alle operazioni in sindacato tra Venture Capitalists e Business Angels conta 31 aziende, mentre quello riconducibile a deals svolti unicamente da Business Angels registra 86 società partecipate.
Sul fronte del numero totale di investimenti posti in essere essi risultano pari a 367 deals, di cui 67 sono riconducibili ai fondi di Venture Capital, 95 ai fondi stessi in collaborazione con i Business Angels, mentre la quota residua fa riferimento ai soli investitori informali (205).
Sul fronte del sindacato (contestuale partecipazione di due o più investitori nella medesima target) emerge un dato interessante: per quanto attiene la prima categoria, ovvero le operazioni svolte con esclusiva partecipazione dei fondi Venture Capital, risultano essere in sindacato ben 50 operazioni su 67 (75%). In linea con il passato, invece, la quasi totalità delle operazioni condotte dai Business Angels avviene con sindacazione, anche per via della crescente rilevanza dei club di investimento. La rimanente categoria, invece, prevede per definizione la totalità di operazioni svolte in cooperazione tra almeno un Venture Capitalist e almeno un Business Angel.
Un’importante conferma, da registrarsi come uno dei dati di interesse con riferimento al 2017, è proprio riconducibile alla stabilità dell’interazione tra Venture Capitalist e Business Angels; si riscontrano, infatti, 95 operazioni (31 target) caratterizzate dalla compresenza delle due tipologie di soggetti. La figura successiva mostra il numero minimo e massimo di investitori che caratterizza ogni singola tipologia di operazioni individuata.
Mentre per le precedenti elaborazioni sul numero di operazioni e target non è stato possibile proporre un confronto con il passato, soprattutto alla luce dell’introduzione degli investimenti di Business Angels tramite piattaforme di crowdfunding, per quanto riguarda l’ammontare4 sarà possibile, in quanto tale incidenza risulta essere non significativa. Ciò premesso, nel 2017 l’ammontare degli investimenti complessivi nel mercato dell’early stage si attesta a più di 220 milioni di Euro, escludendo l’attività svolta da operatori squisitamente pubblici, in diminuzione rispetto ai circa 240 milioni di Euro dello scorso anno. Nel dettaglio, circa 142 milioni di Euro sono riconducibili a investitori istituzionali, quasi 60 a investitori istituzionali in collaborazione con Business Angels, mentre i business angels operanti senza la cooperazione con i fondi hanno attratto investimenti per 19 milioni di Euro. La diminuzione rispetto allo scorso anno è essenzialmente riconducibile al fatto che alcuni tra i principali operatori attivi nel nostro Paese hanno concentrato la propria attenzione lo scorso anno sull’attività di fundraising, finalizzata a porre le migliori basi per un nuovo ciclo di investimenti.
Di seguito, si presentano le caratteristiche principali delle tre categorie di operazioni individuate e presentate in sede di definizione della metodologia di ricerca.
OPERAZIONI CONDOTTE DA INVESTITORI ISTITUZIONALI
Come evidenziato in sede di presentazione del mercato nel suo complesso, le target oggetto di investimento che vedono l’esclusiva partecipazione dei fondi di venture capital risultano esserii categoria di operazioni sono nella maggioranza dei casi investitori domestici (74%), mentre i soggetti esteri rappresentano più di un quarto degli operatori mappati (26%), risultando lead investors in ben nove operazioni (solo qualche anno prima, nel 2014, ne era stata mappata solamente una). Tale dato riflette anche la situazione attuale registrata nel mercato del private equity.
Per quanto concerne la tipologia d’investimento e, quindi, la suddivisione tra operazioni di seed capital e start up, la categoria di deals in esame vede la prioritaria realizzazione di investimenti di start up (91%). Tale dato è certamente in linea con le aspettative, proprio a fronte della tipologia di soggetti (venture capitalists) protagonisti di tali interventi.
Per quanto concerne la deal origination, l’iniziativa privata segna il passo con il 91% delle opportunità di investimento, lasciando agli spin off universitari unicamente un contenuto 9%, un dato assolutamente in linea con lo scorso biennio.
Con riferimento all’ammontare investito e alla quota acquisita, si riportano sia il dato medio che quello mediano. Emerge chiara una dimensione piuttosto rilevante dell’investimento, che si attesta stabilmente in un intervallo avente quale cardine 3 milioni di Euro, che determina l’acquisizione di una quota media nell’intorno del 30%.
Per quanto attiene, poi, la distribuzione geografica delle imprese target, al primo posto si trova la Lombardia (35%), seguita da Emilia Romagna, Lazio, Sardegna, Toscana e Veneto con il 6%. Tale dato appare sostanzialmente come una conferma della costante maggiore attenzione degli operatori ai business innovativi che nascono e si sviluppano nel Nord del nostro Paese. Non è possibile, però, trascurare la presenza di addirittura nove operazioni condotte su target aventi sede all’estero (nello specifico, Regno Unito, USA, Svizzera e Spagna): per la prima volta, questa categoria non costituisce un fenomeno di carattere marginale, bensì una assoluta rilevanza del mercato.
Per quanto concerne, poi, la distribuzione settoriale, il comparto ICT riveste storicamente un ruolo di primaria rilevanza (29%), affiancato per la prima volta al secondo posto dai servizi finanziari (21%), che gradualmente si ritagliano un ruolo sempre più di rilievo grazie al FinTech. Il terzo posto vede la presenza del settore medicale, con il 15%.
Da ultimo, in termini di vintage year4, gli investitori istituzionali si focalizzano su target costituite mediamente da circa 3,9 anni. Tale dato appare certamente coerente con la limitata presenza di operazioni di seed capital e la preferenza accordata dai fondi ad operazioni su aziende che hanno già condotto i primissimi passi del proprio ciclo di vita.
OPERAZIONI CONDOTTE IN SINDACATO DA INVESTITORI ISTITUZIONALI E BUSINESS ANGEL
Volgendo l’attenzione sulla seconda categoria di operazione, ossia quelle realizzate attraverso la cooperazione tra Venture Capitalists e Business Angels, si registra un numero complessivo pari a 31, come anticipato nel paragrafo dedicato al mercato dell’early stage nel suo complesso. In questo caso, si evidenzia come i soggetti attivi in tale categoria di operazioni siano nella quasi totalità dei casi operatori domestici, eccetto in 4 situazioni che vedono la partecipazione di investitori istituzionali di provenienza estera.
Per quanto concerne la tipologia d’investimento e, quindi, la suddivisione tra operazioni di seed capital e start up, la categoria di deals in esame vede una decisa predominanza di investimenti di start up (94%). Sostanzialmente in linea, rispetto a quanto registrato in precedenza con riferimento alle operazioni condotte esclusivamente da Venture Capitalists, la significatività del dato relativo al seed capital (6%). Tale dato appare di particolare interesse in quanto evidenzia, anche da parte dei business angels, una certa propensione ad intraprendere investimenti in imprese non più in fase embrionale, probabilmente a fronte della partnership con operatori di Venture Capital.
Per quanto concerne la deal origination, l’iniziativa privata si conferma storicamente quale principale fonte di opportunità per gli investitori, raggiungendo addirittura il 100%.
Con riferimento all’ammontare investito, si riportano sia il dato medio che quello mediano. Emerge chiara una dimensione più contenuta dell’investimento rispetto alle operazioni condotte dai soli operatori di Venture Capital, che si attesta stabilmente in un intervallo avente quale cardine 1,3 milioni di Euro.
Passando all’analisi della distribuzione geografica delle imprese target, si registra una predominanza di investimenti posti in essere nel Lazio (42%) e ciò costituisce una assoluta novità, anche se tale regione è storicamente rilevante per il settore in esame. A seguire, si collocano la Lombardia (29%), la regione storicamente di punta del comparto, e l’Emilia Romagna con il 10%. In tale ambito, sembra più elevato l’interesse verso le imprese del Centro del nostro Paese, probabilmente anche grazie a una maggiore capillarità del network di Business Angels.
Per quanto concerne, poi, la distribuzione settoriale, il comparto ICT riveste anche in questo caso un ruolo di primaria rilevanza (35%), anche se in leggera contrazione rispetto al trend degli ultimi anni. A seguire, si ritagliano un ruolo degno di nota i beni di consumo con il 23%. Più distaccati, i comparti dei servizi professionali (13%) e dei servizi finanziari (10%).
Da segnalare come la presenza dei Business Angels spinga alcuni Venture Capitalists a investire in alcuni segmenti che non si ritrovano, invece, nelle operazioni condotte a esclusiva opera degli investitori istituzionali, quali ad esempio il comparto alimentare e, in particolare, il già citato settore dei beni di consumo. Anche questo può configurarsi come un vantaggio derivante dalla cooperazione tra investitori formali e informali: in presenza di un progetto imprenditoriale convincente, le competenze industriali di alcuni Angels possono risultare decisive per convincere il Venture Capitalist relativamente alla qualità dell’operazione.
Da ultimo, in termini di vintage year, tale categoria di investimenti si focalizza su target costituite mediamente da quasi 3 anni (nel dettaglio, 2,8 anni). Tale dato appare nella sostanza in linea rispetto a quello riportato con riferimento alle operazioni condotte dai soli Venture Capitalists. Si spiega con la limitata frequenza di operazioni di seed capital e con la grande attenzione che il mondo dell’angel investing ha riservato nel corso dell’anno anche agli imprenditori che hanno già superato le primissime fasi del ciclo di vita dell’impresa. Probabilmente anche a fronte della sicurezza derivante dal sindacato con un operatore strutturato di Venture Capital.
OPERAZIONI CONDOTTE DA BUSINESS ANGEL
Per quel che riguarda la terza categoria, ovvero le operazioni svolte unicamente da Business Angels, le società target oggetto d’investimento nel corso del 2017 sono state 86, per un totale di 19,014 milioni di Euro investiti. Più del 90% delle operazioni sono state condotte da investitori italiani, per un totale complessivo di 205 deal.
Il notevole divario tra numero di imprese investite e numero di investimenti, conferma un trend costante e sempre più diffuso, anche in ambito internazionale, secondo il quale gli investitori tendono a unirsi in cordate (syndication) per aumentare l’apporto finanziario complessivo e ridurre il rischio unitario in caso di insuccesso dell’operazione.
In particolare, i Business Angels hanno investito mediamente in ogni società target 221.091 Euro, privilegiando nettamente le società in fase di Startup (86%) rispetto a quelle in fase Seed (14%), confermando ancora una volta la tendenza a focalizzare la propria attenzione su società all’inizio del proprio ciclo di vita. L’apporto di capitali da parte dei Business Angels, avviene prevalentemente attraverso la sottoscrizione di equity e in minima parte tramite finanziamento soci o come garanzia bancaria.
Nel 2017 è leggermente diminuito il divario tra Nord e Sud, infatti solo il 66% degli investimenti effettuati ha finanziato imprese con sede nel Nord Italia e in particolare in Lombardia (43%), in Emilia Romagna (8%) e in Trentino Alto Adige (5%), mentre il dato più rilevante in termini di crescita rispetto all’anno precedente è quello registrato nel Lazio (10%).
Da segnalare anche il costante aumento degli investimenti realizzati all’estero (15%) e prevalentemente in Gran Bretagna e negli Stati Uniti.
Il settore di maggiore interesse per un Business Angel si conferma essere quello dell’ICT con il 33% degli investimenti effettuati, seguito da e-Commerce con il 12% e Servizi Finanziari con il 7%.
Va altresì segnalato un costante interesse da parte degli investitori in startup che effettuano attività di Ricerca e Sviluppo nel settore della sanità e delle apparecchiature medicali, ma anche un aumento d’interesse per le attività che effettuano servizi diversi da quelli finanziari.
Il 79% delle Startup investite è iscritta nel Registro speciale della Camera di Commercio per le Imprese Innovative.
Questo dato, in aumento rispetto all’anno precedente, è probabilmente frutto dell’aumento delle detrazioni fiscali per chi investe in startup innovative, passate dal 19% al 30% nel 2017.
L’85% delle società che hanno ricevuto investimenti da parte di Business Angels sono costituite sotto forma di S.R.L., mentre la restante parte sono di diritto estero (15%).
Il profilo e le caratteristiche del Business Angel tipico non sono cambiati nel 2017. Il Business Angel italiano è un imprenditore, di sesso maschile, con un passato da manager, un’età che varia tra 30 e 50 anni, un livello di istruzione alto o molto alto. Affiliato a IBAN, a uno dei BAN territoriali, o a un Club d’investitori nel Nord Italia, con un patrimonio generalmente non superiore ai 2 milioni di Euro, di cui circa il 10% dedicato ad operazioni di angel investing.
Il 53% del campione dichiara di voler aumentare nei prossimi anni la propria quota di patrimonio dedicata all’investimento in Startup, mentre il 40% non prevede aumenti e solo il 7% invece prevede una diminuzione.
Un’attenta analisi dei dati, ci ha permesso di verificare che la componente femminile tra i Business Angel è in forte aumento negli ultimi anni, infatti è possibile notare come il numero di donne investitrici ha avuto un incremento importante nel periodo 2012 – 2016, assestandosi al 20% nel 2017.
Gli investimenti degli Angels, in media, non sono particolarmente elevati, infatti più del 50% degli importi investiti per ogni società target, sono inferiori ai 0,1 milioni di Euro, anche se ci sono alcuni investimenti significativi che vanno dai 0,3 milioni di Euro in su.
I principali criteri presi in considerazione da un Business Angel quando effettua un investimento sono: la potenziale crescita del mercato (27%), la qualità del Team Management (24%) e le caratteristiche del prodotto/servizio (11%). Infine è interessante rilevare come nel 45% dei casi il Business Angel dichiari di avere un grado di coinvolgimento alto o molto alto nella vita quotidiana della Startup investita, apportando soprattutto competenze di tipo strategico e contatti presso la business e financial community.
I principali criteri presi in considerazione da un Business Angel quando effettua un investimento sono: la potenziale crescita del mercato (27%), la qualità del Team Management (24%) e le caratteristiche del prodotto/servizio (11%). Infine è interessante rilevare come nel 45% dei casi il Business Angel dichiari di avere un grado di coinvolgimento alto o molto alto nella vita quotidiana della Startup investita, apportando soprattutto competenze di tipo strategico e contatti presso la business e financial community.
CONCLUSIONI
La sesta edizione della survey, frutto della collaborazione tra l’Osservatorio VeM® e IBAN, sembra aver portato con sé la conferma di un avvenuto profondo cambiamento nel rapporto tra investitori istituzionali ed informali, sintomo di una buona vivacità e di una crescente consapevolezza e maturità dell’ecosistema dell’early stage italiano negli ultimi anni.
Segnale positivo giunge, infatti, dalla sempre più proficua collaborazione tra Venture Capitalists e Business Angels, elemento di cambiamento che fino al 2012 appariva solo come auspicabile. Questa più intensa cooperazione tra i due universi d’investimento, avvenuta nel rispetto delle caratteristiche peculiari di ciascun soggetto, è riuscita a dare un maggior impulso all’intero mercato dell’early stage domestico.
Dal lato delle modalità operative, i Business Angels stanno gradualmente avvicinandosi ad alcune caratteristiche tipiche degli operatori istituzionali: a partire dal consolidamento del taglio dell’investimento medio che permette maggiori economie di scala diminuendo il costo/opportunità del singolo deal. Questo anche per merito della nascita di numerosi club di investitori, grazie ai quali è possibile porre in essere investimenti più strutturati.
I fondi di venture capital hanno stabilizzato la propria attività, raggiungendo un significativo numero di imprese e impiegando una quantità media di risorse finanziarie significativamente in crescita rispetto al passato.
Per quanto riguarda l’ammontare investito (220 milioni di Euro), come già accennato nel corso della trattazione, la diminuzione registrata rispetto allo scorso anno non desta particolare stupore se si riflette sull’evidenza che ha caratterizzato il 2017. La focalizzazione di alcuni tra i principali operatori attivi nel nostro Paese sull’attività di fundraising, finalizzata a porre le migliori basi per un nuovo ciclo di investimenti, ha determinato una conseguente minore propensione rispetto al consueto all’acquisizione di nuove società in portafoglio.
Da notare altresì la presenza di un sottoinsieme di operatori, attualmente in una fase avanzata del proprio investment period, che ha focalizzato la propria attività, nel corso dell’anno, sui secondi e terzi round di finanziamento (le cosiddette operazioni di follow-on) che hanno visto un aumento rispetto all’anno precedente.
La survey 2017, inoltre, ribadisce quanto sostenuto sin dal 2012 con riferimento alla scarsa rilevanza delle origination di natura corporate ed university spin off, pur con un segnale confortante relativo a quest’ultima. Tale evidenza conferma una certa difficoltà di avvicinamento tra il mercato dell’investimento in capitale di rischio ed il mondo dell’industria, dell’università e della ricerca. Certamente, porsi l’obiettivo di un miglioramento in tal senso appare, a oggi, strategico al fine di un ulteriore incremento dei volumi di investimento, nonché al raggiungimento di una piena maturità del settore dell’early stage in Italia.
- Cos’è l’educazione finanziaria?
L’OCSE la definisce “la conoscenza e la comprensione dei concetti e dei rischi finanziari unite alle competenze, alla motivazione e alla fiducia in se stessi per utilizzare tale conoscenza e comprensione al fine di prendere decisioni efficaci in un insieme di contesti finanziari, atte a migliorare il benessere finanziario delle singole persone e della società e consentire la partecipazione alla vita economica”.
Essa è anche “sapere di non sapere”, ovvero la consapevolezza di dover chiedere consiglio; saper riconoscere la possibilità del verificarsi anche di eventi rari, specie se negativi.
Anche quella finanziaria, come tutte le educazioni trasversali che si acquisiscono da bambini, ha come fine ultimo quello di attivare un percorso virtuoso di cittadinanza consapevole, con lo scopo di essere futuri cittadini informati, attivi e consapevoli.
Imparare ad apprezzare il vero valore del denaro aiuta e accresce la percezione della legalità dei comportamenti socialmente utili e consente a chi la pratica di essere esso stesso “sentinella attiva” nel proprio contesto, microcosmo di una più vasta comunità globale e attento valutatore delle azioni internazionali le cui ricadute toccano proprio quella comunità.
Con tali conoscenze si possono comprendere e distinguere le azioni di responsabilità sociale che debbono essere proiettate in quella dimensione tale da generare la diffusione del bene collettivo, dalle altre meno nobili, proiettate unicamente all’arricchimento personale.
- Arricchirsi con onore
Un libro che a mio avviso non dovrebbe mancare nella libreria di ogni imprenditore e operatore che popola il mondo degli affari è certamente quello scritto da Benedetto Cotrugli Arricchirsi con onore, “Elogio del buon imprenditore che detta le 15 regole su come ci si può arricchire con onore.
Esse sono:
- Fai tutto il possibile per partire con il piede giusto
- Confida solo su te stesso
III. Sii sempre pronto a sopportare stenti e alimenti
- Concentrati sulla tua arte
- Persegui la qualità
- Tieni una contabilità ordinata precisa e ordinata
VII. Impara a capire la finanza e a usarla bene
VIII. Rispetta i tuoi soci
- Rispetta gli impegni
- La qualità dei mercanti
- La cultura è tutto
XII. Impara a stare in pubblico
XIII I figli sono i migliori eredi
XIV Abbi cura della famiglia
XV Investi nella terra il tuo patrimonio familiare
Le intuizioni e gli insegnamenti intramontabili del primo trattato sull’arte di fare business, “il Libro de l’arte de la mercatura”, un manoscritto rinascimentale rimasto nell’oblio per oltre cinque secoli.
Il testo contrappone alla globalizzazione e alla finanziarizzazione dell’economia e alle crisi finanziarie che ciclicamente ne derivano, un modo sano di fare business e come dice lo stesso titolo: con onore. L’arricchimento pertanto non è demonizzato se fatto tramite lo sviluppo delle competenze proprie, nell’altrui rispetto e in ossequio alle leggi un’attività quindi inclusiva e capace di generare positive relazioni che hanno ricadute e valore per la comunità, la famiglia e l’ambiente.
Riportiamo il contenuto integrale delle poche ma dense pagine che Cordugli dedica al capitolo settimo “VII. Impara a capire la finanza e a usarla bene.
Il cambio è una perfetta invenzione ed è un elemento essenziale e necessario al commercio come l’organismo umano non può stare senza gli alimenti, così la mercanzia non può stare senza il cambio.
Allo stesso modo il cambio è un’attività molto ardua da investigare e difficile da imitare e perciò ci una testa quadrata per trattarlo e tutto dipende dal capire come funziona. Essendo dunque il cambio tanto comodo, utile e necessario non solo ai mercanti per le merci. Ma anche ai signori, preti e cavalieri e a viaggiatori di ogni tipo, diremo che è un elemento importantissimo nella sfera mondana e un’invenzione molto ingegnosa.
E per consolidata tradizione, la convenienza, il modo e l’ordine che i Fiorentini, più di ogni altra gente, manifestano in questa pratica, non c’è dubbio che siano stati loro a sperimentarlo.
Così essendo il cambio tano utile, vantaggioso e necessario al genere umano, mi meraviglio che molti teologici, antichi e moderni lo condannino come illecito, dal momento che esso comporta guadagno incerto, corso non fittizio, scambio vero, flessibilità, eliminazione degli interessi, capacità individuali, concretezza, pericolo connesso alla frequenza dei crediti e possibilità sia di andare in perdita che di guadagnare.
Sono convinto che chi ha questo giudizio negativo non abbia capito il significato del cambio. Io sono un mercante, conosco la mia arte, e ho fatto pratica per ben due anni nel cambio prima di poterlo capire: e ho avuto un impegno non mediocre, e ho voluto e desiderato comprenderne il meccanismo, sicché non si meraviglino le religioni se tanto audacemente dico che è in certo qual modo impossibile per un religioso capirlo per sentire dire e, di conseguenza, non può giudicare “come un cieco sui colori”.
Lo scacchiere delle valute
Venendo alla pratica, ci sono cambi che si fanno di moneta in moneta e si pagano con un’altra moneta, come si fa ad Avignone, dove si cambia in franchi e si paga in scudi e si tiene conto in fiorini, cioè che fiorini 132 e 1/3 di Avignone sono cento franchi, che fiorini 1, soldi 7, denari 9 e 1/5 fanno un franco; un fiorino corrispondente ad Avignone vale 30 soldi, e 10 scudi valgono 34 soldi d’oro. Ogni grosso vale 2 soldi; si danno 5 fiorini per 4 franchi.
Altri cambi sono quelli che si fanno sulla stessa moneta, con tanto per cento in più o meno. Cambia così Barcellona con Valenza lire per lire, e tanto per cento in più la moneta di Barcellona o di Valenza secondo la stagione; e così Perpignano con Barcellona cambia lire per lire, e tanto per cento in meno la moneta di Perpignano; Napoli cambia con Palermo la sua moneta contro l’altra, e tanto per cento in meno quella di Palermo; così anche Venezia, ducati veneziani con ducati veneziani, con tanto cento in più o in meno.
Ginevra cambia in altro modo con Venezia e Barcellona etc., cioè al marco d’oro, e per un marco d’oro di Ginevra ti danno a Venezia tanti ducati veneziani, cioè 62, 62 e ½ e 63, e così si cambia in modo diverso a seconda delle diverse patrie, e secondo le diverse scadenze in uso. O Dio, a ben pensarci, quanta industriosità e quanto metodo hanno applicato i primi inventori al cambio!
L’assicurazione
L’assicurare è un contratto comune, utile e comodo innanzitutto per i mercati che assicurano e che si fanno assicurare, ma è anche comodissimo alle città e agli stati, per due importantissimi motivi. Innanzitutto perché le assicurazioni consentono al mercante di intraprendere molte più attività. Ad esempio, se non possono tutelarmi con un’assicurazione, e non sono in grado di rischiare una somma tanto ingente che basti a noleggiare una nave, oppure non voglio correre un rischio da cui potrebbe derivarmi una grossa perdita, devo necessariamente rinunciare a ogni impresa. Potendomi assicurare, invece, noleggerò una nave, per grande che sia, rischierò tanto quanto mi piace, e il resto lo assicurerò. Con grande profitto anche per l’erario della città e giovamento di distinte categorie di persone: chi lavora con le navi, le dogane e molte specie di privati cittadini.
Relativamente al secondo motivo, quando per disgrazia una nave va in rovina, se essa fosse di un mercante solo, questi si impoverirebbe o fallirebbe, mentre se molti vanno in perdita non ne segue un danno tanto grave. Detto della necessità e dell’utilità dell’assicurazione, ora ci resta da dire quello che riguarda gli assicuratori, in primo luogo quelli che si fanno assicurare, quindi di quelli che assicurano.
Quelli che si fanno assicurare devono stare attenti a tre cose: primo, la forma del contratto di assicurazione, che sia ben ponderata e con chiara definizione, che sia ben ponderata e con chiara definizione degli obblighi, in modo che non ne nascano controversie o eccezioni; ci si deve cautelare molto bene.
Secondo, devono considerare la persona, ovvero le persone a cui danno il denaro: esse non solo devono essere capaci, ma anche idonee e adatte a fare il loro dovere, perché un assicuratore litigioso, rovina tutti gli altri.
Terzo, devono considerare il prezzo, ossia la percentuale e saperlo ridurre il più possibile.
In sintesi, il mercante si deve assicurare senza correre un rischio elevato, perché nessuno è mai andato in rovina per aver pagato un’assicurazione, ma per aver rischiato una somma ingente sì. E sull’assicurazione bastino queste poche parole.
I contratti a termine
La vendita a termine è stata inizialmente indotta dalla mancanza di denaro in contanti, e questo è certo e vero; tuttavia questo tipo di vendita si è rivelato tanto utile e necessario che ai tempi nostri non si farebbe niente, né si fa, senza di esso. E oltre a questo, si chiuderebbe ogni commercio e si annullerebbe l’arte della mercatura in quanto, tra le altre cose, senza questo tipo di vendita non si potrebbe navigare tra i Turchi, i Tartari, i Mori e nemmeno tra i barbari, popolazioni che forniscono merci altrimenti non acquisibili dai popoli cristiani, con conseguente perdita di guadagno.
E così i beni principali, e soprattutto quelli che sono più universali e danno maggiore sussidio a tutti i popoli, come la lana e la seta, le spezie e similari, verrebbero a mancare, determinando il disfacimento delle città e di conseguenza delle famiglie.
Commerciare o intraprendere qualsiasi negozio per mezzo del denaro contante è del tutto impossibile per la mancanza di moneta che si ha oggidì, che non basta nemmeno al perfezionamento dei nomali atti di compravendita. Per cui è evidente che il vendere a termine, benché sia stato inventato, per mancanza di denaro, tuttavia si è rivelato talmente utile che senza di esso non si potrebbe esercitare qualsiasi attività mercantile. Perciò si può e si deve ragionevolmente dire, per le motivazioni addotte, che questo tipo di vendita non solo è utile, ma anche necessaria.
La vendita differita tuttavia comporta alcune regole da osservare per far sì la sua pratica sia vantaggiosa e utile. Bisogna prestare la massima attenzione a sei elementi: la cosa che dai in vendita, la persona a cui la dai, il termine di scadenza che stabilisci, la quantità, l’utile e le condizioni del pagamento.
Il primo punto da considerare è la cosa che dai, che deve essere adatta e in buono stato, sena vizi o danni, non come invece fanno molti, che cedono a termine la merce più scarsa e vile che hanno in magazzino o quella che non riescono a vendere. E a costoro accade che “un conto lo fa il ghiotto, un altro il taverniere”. Tu pensi di mandare in rovina il poveruomo con merci vecchie e deteriorate, e lui pensa di non pagare; perché le prende per bisogno: ma se lui va in rovina, vai in rovina anche tu. Quindi bisogna evitare sempre di fare credito a uomini che si precipitano a comprare a termine partendo da una situazione di svantaggio e senza tener conto del reale prezzo della merce.
Secondo, devi valutare la persona a cui vendi la merce, che sia un uomo di buona fama, buon credito e buona coscienza, buon pagatore. Devi inoltre impegnarti per informarti su di lui e conoscerlo. E in quelli che non conosci direttamente, devi prestare attenzione a molte cose: innanzitutto alla fisionomia, cominciando dall’occhio, come dice Plinio nella Naturalis historia “sicuramente negli occhi risiede l’animo” e Cecco d’Ascoli “Gli occhi mostrano la qualità del cuore”. Guardati da quelli che, quando ti parlano, non ti guardano dritto negli occhi. E considera che quando l’uomo ti chiede il pagamento differito si lascia sopraffare dalla viltà, si fa riguardo a rispondere e a prendere qualsiasi posizione, perché di norma la povertà e la debolezza rendono l’uomo timoroso, come disse Seneca “L’infelice povertà ha in sé questo male, ossia che ogni domanda fa arrossire”.
Parimenti dobbiamo badare che quelli con cui abbiamo a che fare, e cui affidiamo la nostra mere, siano di aspetto grazioso, allegro e soavi nel parlare. E quando talvolta uno si infiamma nel parlare con l’amico, ma talora sospira con una lacrima che sporga dall’occhio, allora è un uomo di buona qualità e amorevole. Bada che ti guardi diritto negli occhi con sguardo sincero, umano, non feroce, veritiero, aperto, non finto, e che non nasconda molti segreti: questi uomini sono da ritenere e da avere come amici.
Terzo, devi considerare la scadenza: bisogna fare in modo innanzitutto che il tempo lasciato sia il più breve possibile.
Quarto, devi considerare la quantità: bada di non fare grosso credito, né al minuto né all’ingrosso, cioè né su piccola né su larga scala. Considera le caratteristiche del tuo traffico e le possibilità economiche di colui a cui fai credito: non approvo in nessun modo la concessione di grossi crediti.
Quinto, devi considerare il guadagno, cioè di quanto sovraccarichi la mercanzia. Bada che il prezzo sia giusto e onesto, perché calcolando la mano al poveruomo potresti perdere il capitale e il guadagno: il prezzo di vendita deve essere quindi equilibrato.
Sesto, devi considerare le condizioni: nel dare la tua merce, fai fare un contratto chiaro, cioè di scrittura pubblica, ovvero adotta quella tutela giuridica che si usa nella zona in cui ti trovi. Perché i contratti si stipulano in modo diverso nei diversi luoghi, a seconda delle consuetudini dei diversi Paesi. E quanto l’altro più ti è amico, tanto più cerca di essere cauto, perché, come dice il proverbio comune “con un nemico un atto e con un amico quattro”. Perché non c’è niente di male, e nessun amico deve avertene a male, se tu, nel momento in cui gli dai la tua merce richiedi una tutela giuridica: il mercante infatti deve essere cauto e previdente nell’agire.
Aggiungo un’ulteriore considerazione a proposito della vendita a termine: quando vedi che gli affari di un tuo debitore non filano lisci e dubiti della loro riuscita, non lo diffamare e non dargli l’ingiunzione di pagamento, perché parlando apertamente delle sue difficoltà e imponendogli l’ingiunzione, andrà in rovina. Sii saggio, aspetta prima di chiedere ogni trattativa. E se sei in condizioni di poterlo aiutare, di dargli credito e rimetterlo in sella, agirai bene; e non assumere un atteggiamento di sdegno nei suoi confronti, non adirarti con lui, stringi un accordo, accoglilo, addomesticalo, acquietalo, e aiutalo in tutti i modi possibili, perché il suo credito è la tua salvezza.
Infine bada di non dare credito a signori, preti, frati, scolari, dottori, uomini d’armi in quanto non sono abituati a maneggiare denari, e di conseguenza a onorare i debiti: di natura la moneta è un boccone ghiotto, e non appena l’uomo non avvezzo a spenderla ne entra in possesso, prova una sensazione talmente piacevole che non è in grado di privarsene e di conseguenza di pagare.
Ma per concludere questo punto, il mio consiglio è di non fare credito se non per quelle merci che non si possono vendere in altro modo.